Molti Paesi europei hanno avviato e supportano programmi nazionali volti ad affrontare sfide sociali e priorità di salute pubblica attraverso pratiche culturali, pubblicando linee guida e documenti programmatici che segnano una strada per l’implementazione di politiche intersettoriali tra Cultura e Salute. Crescenti e numerosi sono, infatti, gli studi promossi dalla Commissione Europea e dai Ministeri della Salute e dai Ministeri della Cultura, da Università e nuovi centri di competenza nati nei diversi Paesi per far emergere le evidenze scientifiche dell’impatto, il patrimonio dei soggetti e delle esperienze attive nei diversi territori e che nel contempo restituiscono raccomandazioni ai decisori per creare condizioni abilitanti per lo sviluppo delle prospettive che si aprono. È tempo di politiche anche in Italia.
Il dibattito sulla Cultura come risorsa per la Salute – caldo nel mondo culturale post pandemico – ha trovato sostegno e impulso dalla posizione assunta dall’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità della Regione Europa, con la pubblicazione a fine 2019 del più ampio rapporto mai realizzato, “What is the evidence on the role of the arts in improving health and well-being? A scoping review” [1], che acclara come la partecipazione ad attività culturali e l’espressione creativa influiscano sul miglioramento della salute e del benessere bio-psico-sociale delle persone (partendo dalla loro salute mentale) in tutto l’arco della vita: dal periodo perinatale, allo sviluppo nella prima infanzia, al benessere in adolescenza, all’invecchiamento attivo. I benefici si leggono nella prevenzione, nell’alleanza nei percorsi di gestione e cura delle patologie e disabilità, arrivando al fine vita, nei luoghi della cura, della cultura, della quotidianità.
In particolare, ponendo al centro le potenzialità degli individui, le pratiche delle arti aiutano a spezzare povertà relazionali ed educative, a sviluppare quelle che OMS definisce le abilità per la vita (le life skills – 1993, partendo dall’empatia, dalla relazione) fondamentali per la promozione della Salute (Carta di Ottawa, 1986) che si basa sulla autorealizzazione e lo sviluppo di resilienza alle avversità.
Crescenti e numerosi sono gli studi promossi dalla Commissione Europea, dai Ministeri della Salute, dai Ministeri della Cultura, da Università e nuovi centri di competenza nati nei diversi Paesi per far emergere le evidenze scientifiche dell’impatto, il patrimonio dei soggetti e delle esperienze attive nei diversi territori e che nel contempo restituiscono raccomandazioni ai decisori per creare condizioni abilitanti per lo sviluppo delle prospettive che si aprono. Molti Paesi europei le hanno recepite a livello governativo per supportare programmi nazionali volti da affrontare sfide sociali e priorità di salute pubblica, con la pubblicazione di linee guida e documenti programmatici che segnano una strada per l’implementazione di politiche intersettoriali tra Cultura e Salute.
L’università europea che più ha pubblicato negli ultimi cinque anni su “Cultura e Salute” è UCL-University College of London (oltre 70 articoli accademici), che ha restituito in questo mese un nuovo rapporto riassuntivo (The Impact of Arts and Cultural Engagement on Population Health), che presenta studi di coorte su campioni significativi, che mostrano evidenze di forte correlazione della partecipazione culturale alla qualità della vita in tutto il ciclo, la sua connessione alla longevità, a comportamenti sociali e sanitari più positivi nei bambini e nei giovani, a una migliore salute mentale in età adulta, minori rischi di depressione e demenza in età avanzata e persino livelli più bassi di dolore cronico e fragilità. Le metodologie adottate hanno permesso di dimostrare che la relazione positiva persiste anche in considerazione a fattori demografici, socio-economici e condizioni specifiche di salute.
Sono risultati che favoriscono la comprensione dell’impatto a lungo termine delle arti da parte dei decisori. Come afferma la dottoressa Daisy Fancourt – coordinatrice del team “The social bio-behavioural”, il punto è dato dalle diseguaglianze: “Le arti ci aiutano a stare bene e vivere più a lungo, ma l’accesso alle esperienze culturali non è equo”. Occorrono impegni congiunti della politica, degli investitori sociali, delle organizzazioni sanitarie e culturali, a considerare questa alleanza come pilastro della salute pubblica.
In questa direzione, ritroviamo sempre più frequentemente nei documenti di politiche nazionali e locali, anche in Italia, il contributo della partecipazione culturale al ridisegno della Sanità e del Welfare, verso una visione generativa, di prossimità e di comunità, espresso con il neologismo italiano Welfare Culturale (una prima definizione sull’Atlante Treccani, 2020).
Il presente articolo propone una sintesi della ricognizione, suddivisa per Paesi, sulla forte convergenza ed evoluzione in atto a livello europeo delle politiche, dei quadri normativi, degli strumenti formali e informali, caratterizzate da percorsi storicizzati che considerano la Cultura come risorsa per la Salute, individuale e di comunità. Si parte dalle grandi opportunità che si aprono con la corrente programmazione della Commissione Europea.
