Nel cuore della città moderna, nel cortile di un condominio nei pressi della spiaggia della Renaredda, si conserva pressoché intatto l’ipogeo funerario di Tanca Borgona, scavato nel 1947 da Giovanni Lilliu, che ha restituito 32 inumazioni databili tra il III e la seconda metà del IV secolo d.C. Il monumento si sviluppa intorno ad un ambiente centrale, il cui soffitto è retto da due pilastri risparmiati nel banco roccioso; nelle pareti 8 arcosoli ospitavano i sarcofagi dei defunti; altre deposizioni furono ricavate nel pavimento, in semplici tombe a fossa (formae). Le pareti conservano tracce d’intonaco dipinto, di cui residuano alcune decorazioni geometriche e, in particolare, le teste e le zampe anteriori di una quadriga di cavalli. Le sepolture ricavate nel pavimento erano ricoperte con mosaici policromi, che riproducevano gli epitafi dedicati ai defunti. Molte delle iscrizioni funerarie (integre e frammentarie) recuperate all’interno dell’ipogeo sono attualmente esposte al piano superiore dell’Antiquarium Turritano. Nella stessa area sorge poi un singolare monumento funerario: un colombario, cioè una forma di sepoltura collettiva ad incinerazione, diffusa a Roma soprattutto nei primi secoli dell’impero. La struttura, databile al II secolo d.C., realizzata in opera cementizia, ha forma cilindrica e presenta una colonna centrale, probabile sostegno per una copertura in legno. La parte interna del monumento è intonacata, mentre la parte esterna è priva di intonaco, forse perché la struttura era parzialmente interrata fin dall’origine. Soltanto 4 delle 8 nicchie centinate, ricavate nelle pareti interne del monumento, vennero destinate a contenere le urne in terracotta per le ceneri dei defunti. Il colombario, come i vicini ipogei funerari scavati nella roccia calcarea, è riconducibile all’utilizzazione da parte di gruppi sociali riuniti in associazione, con legami di tipo socio-economico e/o familiare.