Nella sua prima attestazione documentaria, risalente al 1565, la chiesetta di San Girolamo de la Murta, nelle campagne tra Capoterra e Poggio dei Pini, veniva donata dall’arcivescovo di Cagliari Antonio Parragues del Castillejo all’eremita frate Francisco Boy, affinché potesse «condurvi vita solitaria e contemplativa».
La semplice aula mononavata con copertura lignea, però, nel suo orientamento lungo l’asse nord-sud, mentre quello liturgicamente canonico avrebbe richiesto l’altare rivolto ad est, lascerebbe presupporre una sua destinazione ad uso profano ancora più antica.
La sua trasformazione in luogo di culto può farsi risalire al periodo di trapasso tra medioevo ed età moderna, quando la spiritualità cristiana occidentale riscoprì il fascino dell’anacoretismo e quindi la complessa figura di San Girolamo, padre e dottore della Chiesa, che trascorse lunghi periodi della sua vita solitario nel deserto.
Nel 1629 la chiesetta di San Girolamo a Capoterra fu elevata a “canonicato di stello” della cattedrale di Cagliari, e come tale demanializzata nel 1867. Lasciata da questo momento in completo abbandono, nel 1893 fu restaurata ad opera di privati, ai quali, per usucapione, passò anche il titolo di proprietà.
Questa particolare situazione giuridica spiega come mai sino ad oggi, da parte degli storici dell’arte, sia stato eluso lo studio del suo arredo interno, in cui spicca una pala d’altare in legno intagliato e dipinto attribuibile al pittore algherese Francesco Pinna, morto a Cagliari nel 1616, considerato il maggiore esponente del tardo manierismo in Sardegna.