L’intitolazione della chiesa si deve a un simulacro ritrovato in agro di Olmedo, presso il sito archeologico di Talia, intitolato alla “Madonna d’Italia”. Il monumento, tuttavia, è conosciuto con il nome di Santa Maria di Ulumetu o Olmeto, dall’antico toponimo, attestato in carte non datate del “Condaghe di S. Pietro di Silki” (XII-XIII sec.). Costruita in calcare e pietra vulcanica, la chiesa è opera di maestranze tosco-lombarde attive nel primo quarto del XII secolo ed è stata oggetto di restauro alla fine degli anni sessanta del ‘900. L’irregolarità della muratura in facciata e le differenze dei materiali impiegati suggeriscono due diverse fasi edificatorie, una costruttiva e una legata a un restauro, avvenuto in una fase non distante da quella dell’impianto.
L’aula, lunga 10 metri e larga circa 6 metri, è suddivisa in tre navate, delle quali le laterali sono voltate a botte, mentre quella centrale presenta copertura lignea.
Nella facciata si apre il portale architravato caratterizzato da arco di scarico a tutto sesto. La parte sommitale della facciata è caratterizzata da robuste paraste d’angolo e da una serie di archetti che prosegue anche sui fianchi della chiesa. Essa è completata da un’apertura cruciforme e da alcuni conci con alloggi per bacini ceramici. Lungo i fianchi dell’edificio si aprono alcune monofore, che si ritrovano anche nell’abside, orientata a sudest, la cui superficie è scandita da lesene raccordate da archetti.