I medaus sin dal ‘700 punteggiano tutto il territorio del Sulcis ed in particolare quello di San Giovanni Suergiu, dove se ne contano ancora circa 60. Si trattava di piccoli agglomerati (i più grandi contano una ventina di case o poco più) in cui abitavano le famiglie che lavoravano i terreni circostanti o vi pascolavano il bestiame e spesso prendono il nome proprio dalla famiglia principale o che per prima vi era andata a stare. Un gran numero di questi borghi è oggi abbandonato, per tanti motivi legati alle trasformazioni nelle attività lavorative prevalenti e per i disagi connessi alla lontananza dal centro urbano principale, divenuto sempre più popoloso nel corso del XX secolo, anche grazie al gran numero di persone che dai medaus si trasferivano in centro. In realtà alcuni di essi (Is Loccis, Is Collus, Is Urigus, che oggi ha anch’esso raggiunto dimensioni considerevoli) godevano di alcuni servizi, in particolare di strutture destinate alle scuole elementari, oggi naturalmente chiuse per mancanza di allievi e per ragioni di razionalizzazione delle spese.
Medau Is Loccis Santus in Loc. Is Loccis Santus, dalla SS 126 seguire le indicazioni per l’omonima necropoli e i cartelli che segnalano il borgo. Il medau di Is Loccis Santus, in particolare, è uno degli esempi più felici di questi abitati così caratteristici del territorio sulcitano.
La struttura attuale dell’insediamento nel Sulcis è costituita dagli sviluppi che si sono stratificati a partire dall’impianto base dei “medaus” e dei “furriadroxius”, nuclei abitativi e produttivi a base familiare, cui viene affidato il ripopolamento di un territorio per molti secoli disabitato. II Medau di Is Loccis Santus, in particolare, è uno degli esempi più felici di questi abitati così caratteristici del territorio sulcitano. Mai del tutto abbandonato, negli ultimi dieci anni è stato recuperato e ristrutturato con grande rigore filologico, ed è stato riconvertito in una struttura turistica ricettiva estremamente attenta ai valori della tradizione e al rispetto dell’architettura locale. Tutte le case, infatti, sono state restaurate con i materiali della tradizione: i muri realizzati in ladiri – i tipici mattoni in terra cruda – e i tetti coperti da canne e legno. La sensazione che si prova visitando il borgo è quella di essere tornati indietro nel tempo di mezzo secolo.