La Casa del lavoratore portuale viene edificata tra il 1938 e il 1942 sull’area dove si trovava la vecchia pescheria, abbattuta per realizzare la piazza a cui nel 1933 viene dato il nome di piazza Luigi Amedeo duca degli Abruzzi.
Si voleva realizzare un edificio da adibire a uffici amministrativi e dopolavoro: fu il Regio Ufficio del Lavoro Portuale a ordinarne la costruzione negli anni Trenta, assieme al Sindacato Fascista dei Lavoratori dei Porti e alle Compagnie Portuali Lino Domeneghini, Odoardo Huetter, Tommaso Gulli e Ettore Saletnig che ne divengono successivamente proprietarie. Il progetto viene affidato all’ingegnere civile Giuseppe Zaccaria, allora funzionario presso i Pubblici Magazzini Generali di Trieste, l’attuale Autorità Portuale. L’idea di fondo era quella di costruire un elemento di collegamento con il magazzino doganale ferroviario, in un’area strategica del Porto Vecchio, crocevia di traffici ferroviari, marittimi e stradali.
La cerimonia della posa in opera della prima pietra avviene alla presenza di Benito Mussolini il 18 settembre 1938, con il progetto ancora da approvare da parte della Commissione edilizia comunale.
L’edificio, completato nel 1942, la cui facciata si snoda tra piazza Duca degli Abruzzi e Corso Cavour costituendo una curva, è costruito in cemento armato e laterizio e composto da un piano terra di altezza maggiore di quella degli altri piani e da altri tre piani fuori terra, a cui si aggiunge un quarto piano in corrispondenza dello snodo centrale.
La “Casa fascista del Lavoratore Portuale” rappresenta un esempio significativo di architettura razionalista, fra le più interessanti realizzazioni di epoca fascista e della prima metà del Novecento a Trieste, assieme agli edifici di via del Teatro Romano e quelli del cosiddetto quartiere Oberdan, e si inserisce nell’ambito del progetto urbanistico di risanamento delle Rive. Sulla facciata troviamo la scritta bilingue in marmo “Casa del lavoratore portuale – Dom pristaniških delavcev”: la scritta “fascista” era già stata cancellata nel secondo dopoguerra, quando è stata aggiunta la traduzione slovena.
Oggi l’edificio è la sede dell’associazione Casa del Cinema di Trieste e al piano terra si trova il Teatro Miela, dedicato all’artista triestina Miela Reina.