Del periodo bizantino, risalente al secolo X, secondo studi recenti, la chiesa potrebbe essere datata addirittura al VII-VI secolo. Si tratta di un edificio di culto di notevole interesse storico e archeologico, situato in un’altura a ridosso della valle dove scorre il rio Tattinu.
La chiesetta misura 10×9 m. e la sua pianta è quadrifida a croce greca. È costituita da bracci regolari, di cui uno ricostruito nei primi anni del Novecento, poiché presumibilmente crollato. Questo braccio evidenzia un piccolo campanile a vela e la parte centrale dell’edificio è sormontato da una volta emisferica a botte. L’altare è situato sul lato occidentale, mentre gli ingressi si aprono sul lato meridionale e sul lato occidentale. La muratura esterna è composta prevalentemente da pietre irregolari locali di natura calcarea e scistosa; agli spigoli, invece, si utilizzano pietre vulcaniche di provenienza non locale. Queste risultano tagliate e lavorate con maggiore regolarità e sono costituite da blocchi di medie dimensioni. L’unica decorazione della facciata è costituita da una sobria cornice, formata da rozze pietre sporgenti che si imposta sotto gli spioventi del tetto che percorre la costruzione lungo tutta la sua lunghezza. Le piccole dimensioni ricordano le altre chiesette della Sardegna costruite nella seconda metà del I° millennio d.C. Esternamente la chiesa assume una forma a tronco di piramide sormontato da una cupola conoide. Il periodo di costruzione è incerto. La costruzione risale forse ai tempi dell’esodo dei monaci d’Oriente nei secoli VI e VII secolo a causa dell’espandersi dell’Islamismo.
I monaci costruivano nell’entroterra più sicuro anche dalle incursioni sia chiese che conventi. La presenza di “furriadroxius”, piccoli agglomerati urbani nelle vicinanze, farebbe supporre che vi abitassero i monaci presumibilmente Carmelitani legati in modo particolare al culto di Sant’Elia Profeta. Negli anni Novanta è stato eseguito un restauro e sono stati ritrovati i resti di religiosi sepolti nella sistemazione interna, poi traslati in teche di ottone e interrati all’interno della chiesa.