Chiesa S. Antonio da Padova

1200-1300 – Fu costruita dai benedettini in stile romanico su di un pozzo sacro di epoca nuragica, la cui entrata si trova all’interno della chiesa. Ha un’unica navata sormontata da una fila di archetti e da un campanile a vela. Forse faceva parte di un convento benedettino di cui non è rimasta traccia. Quasi sicuramente in origine era dedicata a San Benedetto da Norcia.

Gli archi a doppia ghiera (cornice) e a sesto acuto, che preannunciano lo stile gotico, consentono di datare con certezza la costruzione tra il 1200 e il 1300, più probabilmente alla fine del ‘200, quando le chiese in puro stile romanico subirono trasformazioni dovute al primo contatto con le forme gotiche. La chiesetta è stata costruita utilizzando la pietra trachitica e arenaria, di facile lavorazione, forse portata dalle non lontane cave di Serrenti. In mancanza di una data certa di costruzione, si può dire che la chiesetta potrebbe essere espressione sia dei giudici di Cagliari, dei Pisani, degli Arborensi e degli Aragonesi, che si alternarono durante il XIII secolo nel possesso del territorio di Segariu. All’interno si trova l’entrata di un pozzo sacro di età nuragica i cui gradini vanno a finire sotto l’altare, dove si trova la cisterna.

1479 – Nell’anno della nascita della corona di Spagna, gli spagnoli e prima ancora gli Aragonesi portano in Sardegna il culto di sant’Antonio da Padova, francescano, nato a Lisbona nel 1195 e morto a 36 anni alle porte di Padova il 13 giugno 1231; grazie ai suoi numerosi prodigi fu proclamato santo solo 11 mesi dopo la sua morte.

1516 – La tradizione racconta che il paese di Ovodda acquistò una statua di sant’Antonio, ma il giogo di buoi che la trasportava, mentre passava nel posto dove sorge la chiesetta, si fermò e non si riuscì a farlo ripartire. Visti inutili tutti i tentativi, il paese di Ovodda diede il permesso per lasciare la statua nella chiesetta, che da allora fu dedicata a Sant’Antonio da Padova. La statua in legno custodita in parrocchia si ritiene che sia la stessa ceduta da Ovodda.

1584 – In quel periodo fu eseguito un restauro e probabilmente vennero aggiunte la sacrestia, il porticato anteriore e i due laterali. Infatti l’architettura ecclesiastica con loggiati è una tipologia concepita alla fine del 1500 e sviluppata fino alla fine del 1700. In moltissime chiese campestri di quel periodo furono costruiti dei porticati per proteggere dalle intemperie gli infissi della chiesa e i pellegrini che si fermavano a pregare. Il rifacimento fu probabilmente eseguito, dopo molti anni di abbandono, dai frati minori francescani, subentrati ai benedettini di san Vittore, che lasciarono l’isola a metà del ‘300.

F.C. Casula, nel suo dizionario scrive: “il portico e la sacrestia sono del XVII-XVIII secolo”.

1772 – In un altro restauro venne sollevata la muratura e rifatta la tettoia. Probabilmente, la parte sollevata è quella che attualmente vediamo intonacata esternamente.

1922 – Nuovo restauro della chiesa, dove venne rifatto il tetto con tavolette di legno e l’intonaco interno, grazie ad offerte popolari e venne pavimentata con piastrelle in cemento a spese di Salvatorangelo Carta, per grazia ricevuta. L’altare, non più esistente, fu rifatto in marmo a spese di Simbula Francesco dal marmista di Cagliari Serreli Carlo e dal muratore Curreli Francesco. Fu acquistata la statua in gesso di Sant’Antonio a spese di Giuseppe Palmas, chiamata per questo, da alcuni, Santu Antoneddu Pràmasa, da allora essa si trova all’interno della chiesetta.

1934 – Il 14 marzo la chiesetta è inserita nell’elenco dei monumenti nazionali, dopo un sopralluogo del direttore dei monumenti nazionali di Cagliari, Angelo Piccardo. Fino agli anni ’50, da ricordi personali, nelle vicinanze della chiesa, in occasione della festa del 13 giugno si correva il palio. Ne dà notizia anche V. Angius, a metà ‘800, nella parte riguardante la Sardegna, nel dizionario del Casalis.