Previsto in una vasta area tra la Tanca Pias e la Bingia Matta, allora lontane dall’abitato, il nuovo camposanto aveva il compito di integrare quello monumentale di Bonaria, di impianto ottocentesco, ormai completamente circondato dall’espansione urbana. Ad un primo progetto elaborato nel 1933 da Cesare Valle, architetto di origine sarda, seguì quello dell’anno successivo, realizzato poi in modo non completamente fedele. Nel primo caso erano previsti due porticati paralleli interrotti da esedre con 25 m di raggio per i “monumenti privati di 1^ classe” secondo un principio gerarchico che permetteva ai tombini di 3^ classe soltanto l’appoggio al muro esterno. Sempre in parallelo, ma più esterne erano previste le aree per una doppia fila di cappelle private.
Nella versione poi adottata i loculi sono sistemati in fabbricati che si sviluppano su due lati in asse con l’ingresso con un salto di livello crescente a mano a mano che si avvicina verso la chiesa. I prospetti esterni sono in pietra trachitica di Serrenti con lo zoccolo e i pilastri ricoperti di travertino. L’aspetto monumentale e austero sottolinea i volumi squadrati ma ben articolati del complesso che prevedeva un vivaio e il cimitero degli acattolici.
Il cimitero si riempì rapidamente con le sepolture delle vittime dei bombardamenti del 1943 e dei caduti in guerra, divisi per nazionalità, per i quali fu eretto il sacrario, sempre in pietra trachitica, che somiglia a una costruzione nuragica. A sinistra, rispetto all’ingresso, sul luogo delle fosse comuni legate a quel tragico evento, sorge l’Albero della vita, voluto dai clubs Rotary e Lions: è una scultura in ferro (Torre Pintus, 1984) davanti alla quale ogni anno il 2 novembre si celebra un rito funebre per commemorare i caduti civili.