Nominata nel Codice degli Statuti duecenteschi, la fontana di Gurusele o Gurusello è stata nel corso dei secoli oggetto di particolari cure e attenzioni da parte della città di Sassari. Non si conosce la forma che dovette avere nel Cinquecento, ad eccezione del fatto che l’acqua fuoriusciva attraverso dodici cantaros di bronzo. Tra il 1605 e il 1606 assunse il volto che in buona parte ancora oggi conserva e che si può vedere raffigurato nel quadro del pittore fiammingo Johan Bilevelt conservato nella Chiesa di Santa Caterina.
La fontana si configura come un’allegoria del fluire del tempo espressa attraverso una simbologia che richiama, con le sue quattro statue, le stagioni, mentre le dodici bocche da cui fuoriesce l’acqua rappresentano i mesi. In seguito ai danneggiamenti inferti al monumento durante i moti antifeudali del 1795, furono distrutte tre delle quattro statue originarie. L’unica statua sopravvissuta, rappresentante la Venere Bagnante, è custodita a Palazzo di Città, sede del Museo della Città. Nel 1828 si fecero realizzare dal marmoraro carrarese Giuseppe Perugi le statue delle stagioni oggi visibili. Nell’Ottocento, in luogo della struttura metallica che sorreggeva la statua di San Gavino, si costruirono le due arcate che sorreggono una copia della statua originale, andata perduta nel corso degli anni Quaranta.