Nell’area archeologica, a circa 700 metri sul livello del mare sul versante meridionale del monte Linas, si trova un’ampia area dotata di almeno tre pozzi sacri, caso unico in Sardegna, che sono stati scavati per la prima volta da Antonio Taramelli agli inizi nel 1916.
Gli edifici sono tutti realizzati con blocchi di scisto di diverse dimensioni, disposti a lari irregolari. I primi due pozzi sacri sono subito visibili. Il Pozzo A è costituto da un atrio, una scala discendente e una camera sotterranea con copertura a tholos. Anche il Pozzo B è composto da un vestibolo, una scala discendente ed una camera a tholos, il vestibolo e la scala risultano, però, completamente interrati, la camera è priva della copertura. Il Pozzo C si trova trecento metri più avanti e, nonostante lo stato di conservazione precario, è simile al famoso Su Tempiesu di Orune. Di esso è visibile il vestibolo, pavimentato con lastre di scisto, che presenta pianta trapezoidale. La sua larghezza passa da due metri e sessanta verso l’esterno, a due metri e venti in prossimità della scala di accesso alla camera. Lungo la parete destra è presente un bancone con funzione di sedile. Si vede poi una scala discendente di quattordici gradini, con il vano scala coperto da lastroni disposti a gradinata, che porta nella camera a tholos che è però crollata, ingombra di macerie, ma si conservano ancora cinque lari di pietre per un’altezza di circa un metro. All’interno del Pozzo A è stato rinvenuto un bronzetto dal volto orientale, noto come Barbetta per via della particolare acconciatura, che portava in offerta una ciotola e una focaccia, ed è oggi esposto al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Intorno ai Pozzi sacri è stata accertata la presenza del Villaggio di Matzanni, composto da almeno dodici capanne con pro lo circolare, costruite per la maggior parte in blocchi di scisto appena sbozzati e disposti a lari. I tre pozzi sacri e il villaggio sono databili tra la tarda età del Bronzo e all’età del Ferro. Il sito ha restituito una coppa di produzione etrusca, punte di lancia, resti di ceramiche e una moneta di Antonino Pio, che testimoniano la frequentazione anche in epoca romana.
Ancora più avanti, sotto la cima del monte Cuccurdoni Mannu, in un’area a breve distanza dai Pozzi sacri di Matzanni ma in territorio comunale di Iglesias, si trova il Tempio punico di Genn ‘e Cantois, chiamato anche Tempio punico di Matzanni. Per lungo tempo è stato collegato con le costruzioni nuragiche, delle quali si credeva facesse parte, ma è stato Giovanni Lilliu a classificarlo definitivamente come monumento punico. L’origine del tempio risale, probabilmente, al terzo secolo avanti Cristo, poco tempo prima della fine della dominazione cartaginese in Sardegna. Il tempio è realizzato con blocchi di calcarenite, ha una pianta regolare di 7 per 12 metri, e il suo coronamento è simile a quello del tempio di Antas, rispetto al quale dovrebbe essere di poco successivo. Una sua singolare caratteristica è rappresentata dal fatto, insolito per un Tempio punico, che si trova orientato sui lati anziché sugli angoli, e, secondo alcuni studiosi, ciò è da mettere in relazione al fatto che si tratta di una costruzione del periodo tardo punico, e che l’orientamento ha tratto ispirazione dai modelli greci. Quanto rimane del tempio rivela una grande cura della lavorazione dei materiali, ben diversa dalla rozza tecnica adottata nella costruzione dei vicini pozzi sacri. È il caso dei megaliti posizionati attorno al nucleo centrale, che sono squadrati e levigati con perizia, e dalle dimensioni molto precise. L’area non è stata ancora sottoposta a scavi sistematici o ad indagini mirate.