Il colle di Tuvixeddu ospita quella che già nell’Ottocento era considerata la più vasta e significativa necropoli punica del Mediterraneo. A lungo danneggiata dalla coltivazione delle cave che rifornivano la cementeria, la necropoli conserva ancora gran parte della sua suggestiva estensione. La fascia digradante del colle rivolta verso la laguna, sulle cui sponde sorgeva la città dei vivi, è percorsa dal fitto succedersi dei tagli regolari delle sepolture, costituite da un pozzo di discesa, dalla profondità media di circa 3 metri. In età romana una piccola parte dell’area fu per qualche tempo utilizzata per ricavare pietre da costruzione. Durante la Seconda Guerra Mondiale ospitò molte persone che avevano perduto la casa per i bombardamenti, in uno stato di degrado che ebbe una lunga durata anche dopo la fine del conflitto. L’importanza della necropoli è emersa per l’impulso dato alle ricerche da Antonio Taramelli, soprintendente alle antichità della Sardegna nel primo trentennio del secolo scorso, con lo scavo del Predio Ibba, il primo nella collina ad essere condotto con rigorosi criteri scientifici su un’ampia superficie. Le indagini, effettuate nel 1908, interessarono 180 ipogei.