L’interesse archeologico del sito di Santa Anastasia è noto già dall’inizio del secolo grazie alle indagini di scavo ivi condotte fin dal 1913 da Antonio Taramelli, quando fu messo in luce un tempio nuragico a pozzo (Sa funtana de is dolus). In quell’occasione, fu messo in luce un tempio nuragico del tipo a pozzo, realizzato con massi in basalto e costituito da una camera a pianta circolare, coperta a tholos, profondamente scavata nel suolo, cui si accede mediante una scalinata protetta da uno stretto corridoio, coperto con lastroni disposti a piattabanda. Il Taramelli ha ipotizzato anche la restituzione ideale dei prospetti frontali e laterali dell’edificio sacro, sulla base di alcuni conci in trachite e calcare, ornati con motivi incisi e a sbalzo, rinvenuti non lontano dal pozzo. Questi conci e altri con bozze mammillari in rilievo sembrano pertinenti ad un secondo tempio a pozzo, situato ugualmente nei pressi della chiesa. Nel 1913 fu scavato anche il pozzo, di diametro più ristretto e a sezione conica, conservato all’interno della chiesa, che da il nome al sito. In questo pozzo furono rinvenuti numerosi vasi dell’età del Ferro (VIII sec. a.C.). Scavi effettuati negli anni Ottanta hanno messo in luce un grande recinto ad andamento curvilineo, in parte fiancheggiato da un camminamento di lastre di scisto, all’interno del quale si individuano diverse capanne. Si tratta dei resti parziali di un vasto insediamento nuragico a carattere civile e religioso, protrattosi dal Bronzo Recente alla prima età del Ferro ( fine VIII sec. a.C.) e frequentato occasionalmente anche in tempi successivi. Nel tratto Sud-Est, il grande recinto si addossa ad un ampio vano circolare ( capanna 5), che aveva verosimilmente la funzione di Sala del Consiglio. La capanna 5 ha restituito reperti di straordinaria importanza.